Angelica Fedeli – Marcello Teodonio, La presenza di Dante nei testi di Giuseppe Gioachino Belli, Roma, Il cubo, 2017
Volume realizzato grazie al contributo del MiBACT.
Giuseppe Gioachino Belli mette al centro della propria ispirazione il modello supremo di Dante, la cui fortuna proprio nella prima metà dell’Ottocento stava diventando fondamentale per la costruzione dell’identità nazionale: nella Roma papalina attraversata dalle contraddizioni di una cultura che faceva i conti con l’enorme eredità del passato, classico e classicista, e le moderne esigenze di realismo e di spirito critico, Belli dedica a Dante una parte importante dei propri studi, come testimonia la presenza di riflessioni e di approfondimenti dell’opera dantesca che si sviluppano per tutto l’arco della sua vita.
Maestro di forma (il volgare nella sua essenza di lingua fondante), modello di percorso esistenziale (l’esilio, la coerenza estrema, la vita come viaggio di conoscenza), poeta convinto della fondamentale importanza della letteratura come costruzione della coscienza individuale e collettiva, Dante diventa così per Belli il punto di riferimento della sua ispirazione, che poi riesce a tradurre con la novità sconcertante del sonetto in dialetto.
Questo libro riporta, corredandole con un ampio commento, tutte le occorrenze in cui Dante viene citato negli scritti di Belli: gli appunti sulla Commedia, che sono del tutto inediti, cui sono stati aggiunte tutte le citazioni tratte dallo Zibaldone, dalle lettere, dalle altre prose, e quelle presenti nelle poesie in dialetto e in italiano.